Annalisa Stancanelli firma la prefazione de Il Banchiere Assassinato, con un vero e proprio identikit del Commissario De Vincenzi.
Il Commissario “poeta” di Annalisa Stancanelli
Il Commissario De Vincenzi è un personaggio centrale nella produzione poliziesca di De Angelis ed è stato così ricordato da Oreste del Buono “umanissimo come il Maigret di Simenon, romantico come il Marlowe di Chandler, intellettuale come il Vance di Van Dine eppure caparbiamente italiano”.
Un personaggio veramente originale, profondamente umano nonostante il suo mestiere lo ponga il contatto con “la delinquenza”, capace di mostrarsi cortese con i subalterni, di aiutare una coppia a coronare il suo sogno d’amore.
De Vincenzi si presenta ai lettori come un uomo sensibile, romantico ed estremamente intelligente, incarnando il commissario poeta in cui rivive il Dupin di Poe, il Vance di Van Dine. Ed è proprio questo singolare funzionario di Pubblica Sicurezza, avido lettore di Freud, Lawrence e Platone ad affermare “io sento la poesia di questo mio mestiere… delle notti di attesa con la nebbia fin dentro il cortile”, riprendendo le affermazioni di Lacassin e Chesterton che identificavano la ricerca della poesia nella città – giungla d’asfalto ( il moderno surrogato della foresta in cui si aggiravano i personaggi delle favole e i capitani di ventura): uno dei pregi fondamentali del romanzo poliziesco.
Chi è il Commissario De Vincenzi
Il Commissario De Vincenzi è un uomo di circa 35 anni colto e raffinato, un poeta capace di cogliere le impronte psicologiche, che possiede la forza dell’intuizione tipica dell’esteta. Un’artista che arriva ad affermare che “il delitto quando non è passionale, è un’opera d’arte perfetta ed armoniosa”. De Vincenzi, quindi, è un intellettuale abituato a lavorare con il cervello e a confrontare le proprie intuizioni con la genialità del criminale, erede di una tradizione che nasce con il Dupin di Poe. La detection del commissario, infatti, non si esaurisce in un procedimento logico poiché necessita di intuizioni. La sua ricerca delle impronte psicologiche, come in Philo Vance, rimanda all’attività immaginativa che Poe aveva posto alla base dell’indagine criminale.
Si privilegia, così, la capacità di rilevare “la straordinarietà delle coincidenze” a comprendere le quali, la logica non poteva servire. Il procedimento del detective utilizza l’analogia, una facoltà fondamentale della produzione artistica del tempo, perché se il delitto è d’arte, il suo ermeneuta non può essere che un’artista, un poeta, seppur nell’abito grigio di un commissario di polizia. De Vincenzi si serve, quindi, dell’analogia con il duplice ruolo di interpretazione e simulazione poiché stabilisce un legame immediato fra eventi presenti e passati rivelandosi prettamente psicanalitica, tanto che De Angelis dichiara che “oggi scrivendo un giallo non si può ignorare Freud”.
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