Dal Covo della Ladra alcune riflessioni sul perché dare vita a una collana come I Dobloni
Carissimi lettori,
vi starete chiedendo perché sono nati I Dobloni e perché una libreria debba mettersi a pubblicare libri. E vi starete chiedendo che bisogno ci fosse di pubblicare l’ennesimo libro in commercio.
Per noi del Covo della Ladra la risposta è semplice e ce l’hanno data i nostri stessi lettori. In questa bulimia di pubblicazioni, la nostra ha il senso della scoperta. Per gli autori che hanno deciso la storia di un genere. Per delle storie che raccontano un passato non così lontano dal nostro. Per narrazioni che, dietro la facciata del bel romanzo, celano tracce e messaggi da codificare, in grado di accendere idee nel nostro pensiero.
Come libreria specializzata in gialli, noir e fantastica, far nascere la collana I Dobloni ci è sembrato obbligatorio: per noi, per la nostra specializzazione, per gli autori del passato e per i lettori che devono poter avere la possibilità di non perdere questo enorme patrimonio di storie e di stili offertoci dai libri che hanno dato origine a un genere.
Così il nostro lavoro è diventato, soprattutto, un lungo esercizio di attenzione e revisione. Abbiamo cercato di svolgere quelle espressioni e quelle soluzioni più marcatamente “vetuste”, con l’obiettivo di riportare alla contemporaneità la loro voce. Lungi da noi il voler snaturare o alterare l’originale. Il nostro tentativo è stato dettato dall’esigenza di riportare il linguaggio all’attualità del nostro presente. Perché la lingua è materia viva e questo non dobbiamo dimenticarlo. Sarebbe bello poter leggere i classici con la facilità con cui leggiamo i contemporanei, ma non abbiamo voluto farci cogliere da nostalgie e rammarichi.
Abbiamo fatto del nostro ruolo di libraie e custodi di storie, la nostra missione, il nostro fine. Sappiamo che le storie sono intramontabili, ma la lingua è materia viva che non possiamo cristallizzare su una pagina scritta. Quindi leggiamo gli autori del passato, senza tradirli, ma senza neppure tradire la nostra contemporaneità. E, come ci ricorda Samule R. Delany in Babel:
Molti libri di testo dicono che una lingua è un meccanismo per l’espressione dei pensieri. Ma la lingua stessa è pensiero.
Mariana “Winch” Marenghi & Barbara Monteverdi
dalla postfazione di “Il Candeliere a sette fiamme” di Augusto De Angelis