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Prima giornalista donna a fondare e dirigere un quotidiano nazionale, Matilde Serao è una scrittrice ma, soprattutto, un’artista.

Matilde Serao nasce a Patrasso nel 1856. Riassumere la sua vita in poche pagine, è impossibile. Donna infaticabile, scrittrice a tutto tondo, giornalista impegnata a riformare un settore in anni in cui le donne, invece che dietro una scrivania, potevano, al massimo, ambire ai fornelli.
Matilde Serao nasce, però, in un momento storico molto particolare.

Il 1848 aveva sentito urlare, forse per la prima volta, il grido “Viva la Repubblica”, e si era dibattuto tra insurrezioni e lotte che segnarono l’Italia e tutta l’Europa. La chiamarono la “Primavera dei popoli” e si chiuse con molte vittime e tantissimi esuli. Come l’avvocato Francesco Saverio Serao che, da Caserta, decise di partire per Patrasso, in una Grecia che, liberata, si avviava all’indipendenza.
Dalla sua unione con Paolina Borrelly, figlia di una nobile famiglia greca decaduta, il 7 marzo 1856 nasce Matilde Serao.

In questo clima di rivoluzione e cambiamento, la piccola Matilde si trova prima a vivere con i genitori in Grecia, poi, nella casa paterna a Caserta, in un’Italia che si avvia all’unificazione. Sotto l’egida del nuovo Regno d’Italia, Matilde studia e cresce nell’urgenza di alfabetizzazione imposta dal progresso e dal nuovo assetto politico. Così, appena ventenne, è già decisa a guadagnarsi la propria indipendenza e viene assunta come ausiliaria ai telegrafi di Stato, in uno stato che di lei ha solo bisogno e nessun progetto di crescita professionale.

Ma è proprio in questi anni che Donna Matilde scopre l’importanza che la scrittura ha nella sua vita e la sua professione. Comincia così a scrivere, sotto pseudonimo, novelle e storie ricche di romanticismo e suggestione, ma anche con quel pizzico di verismo che sarà la sua firma nella produzione successiva.
Io intendo per realismo la vita tutta, tutta con la sua poesia altissima, con la sua prosa modesta, con i suoi slanci generosi e con le sue meschinità reali.” affermerà qualche anno dopo, durante la sua collaborazione con il giornale milanese La Farfalla.
La svolta, però, arriva nel 1882, quando lascia Napoli per Roma dove collabora per diversi giornali, scrivendo di rosa e critica letteraria e dove incontrerà il suo grande amore, il giornalista e scrittore Edoardo Scarfoglio. La loro unione fu sancita addirittura da Gabriele D’Annunzio che scrisse la cronaca del matrimonio su La Tribuna. Il loro è un amore libero e incondizionato, nonostante il carattere difficile di entrambi, ma per entrambi, è anche una unione professionale. Proprio con Scarfoglio, Matilde fonda prima il Corriere di Roma e poi, tornati a Napoli, Il Mattino, il cui primo numero esce datato 16 marzo 1892.

Nient’altro che scrivere. Questo è il mio mestiere. Questo è il mio destino. Scrivere fino alla morte.”

Matilde Serao

Su queste pagine, tra lotte sociali e di emancipazione, tra dissidi amorosi con il marito e collega, nasce il giornalismo moderno. Quello che rende conto del popolo, che racconta lo stato sociale della “vita tutta”, che restituisce, ai propri lettori, il polso del momento. Dal lavoro sommerso delle maestre, alla vita dei lavoratori rurali, Matilde Serao riempie le pagine dei suoi giornali non di notizie di “alti stati”, ma di quelle che oggi noi chiameremo vere e proprie “inchieste”: sul lavoro, l’istruzione, il malaffare e la corruzione. Ed è ancora alla Serao che dobbiamo l’invenzione del cosiddetto gossip grazie alla sua rubrica Api, mosconi e vespe, dove raccontava le notizie della vita mondana e delle persone comuni. Una rubrica che Matilde portò avanti per quasi 40 anni.
Il suo non era un giornalismo strettamente e propriamente politico, ma era uno scrivere vero e senza mezzi termini, senza censure. Ed era quasi una missione per lei, “malata” di scrittura, tanto da arrivare a dire: “Il giornale ha in sé il potere di tutto il bene e di tutto il male; il giornalista è l’apostolo del bene; il giornale è la più nobile forma del pensiero umano; l’avvenire è del giornale
Le sue battaglie per la verità e il verismo, la sensibilità di artista e scrittrice, l’impegno sociale le valgono, nel 1926, la candidatura al premio Nobel. Sarà il suo antifascismo, che la vede firmataria del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce, che blocca formalmente la sua candidatura, lasciando spazio a Grazia Deledda.

Oggi leggere e parlare di Matilde Serao significa riportare in libreria un nome che siamo abituati a sentire distrattamente tra i banchi di scuola, che fatichiamo ad associare ad altro se non a quello di una scrittrice proto-verista, che è spesso regionalizzata e legata a doppio filo alla città di Napoli. Ma Donna Matilde non è solo questo. Leggiamo i suoi mosconi e le sue inchieste per scoprire tanti “lo aveva detto” sulla corruzione e il malaffare che ancora animano molta politica. Nei suoi romanzi e novelle, leggiamo tutta la forza della vita e della morte, il sottile filo che separa odio e amore, seguiamo le tracce dei sentimenti più profondi e veri dell’animo umano. E lo facciamo con la delicatezza e la profondità di un’intellettuale e di una artista che fece della parola e della scrittura la propria vita.

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